a cura di Maria Pina GARAGUSO
Quando si visita una collezione egizia uno degli aspetti che generalmente stupisce è quello di essere circondati da scene che riproducono tavole imbandite: grandi quantità di pane, ma anche carne, in particolare volatili, e vasi colmi di bevande, fra cui occupa un posto di rilievo la birra. La vista di quest’opulenza ci induce chiaramente a interrogarci se nella realtà fosse proprio così: se il cibo che vediamo ben in mostra nelle scene funerarie era effettivamente quello che si consumava nella quotidianità?
Il cibo più rappresentato nell’arte egizia, dal punto di vista quantitativo, è sicuramente il pane e questo sembra effettivamente rispecchiare i consumi della gran parte della popolazione che aveva accesso principalmente ai cereali. Fra quelli più consumati c’erano orzo, farro e un tipo di frumento, i primi due impiegati non solo per produrre il pane ma anche la birra, una bevanda ottenuta dalla fermentazione di cereali, che inizialmente prevedeva l’uso di un pane parzialmente crudo, con i lieviti ancora vivi, e quindi sbriciolato e rimpastato con miele e datteri per riattivare la fermentazione. La birra, che chiamavano heneket, era largamente consumata in Egitto come una sorta di “pane liquido”, essendo molto nutriente.

Sono testimoniate diverse tipologie di pane, il più diffuso è quello dalla forma tonda che chiamavano t, ma ci sono anche forme più elaborate che si ispirano a ciò che osservano nella realtà, quindi a temi soprattutto zoomorfi. Era spesso insaporito con spezie e frutta, ma anche con il miele, ampiamente attestato in contesti egizi. Meno comune, ma ben testimoniato nelle tombe, soprattutto di alto rango, è il vino, che in geroglifico si legge irep, prodotto già nelle varianti rosso e bianco e spesso “etichettato” con la zona di provenienza, la qualità e la datazione. Si consumava anche il latte, usato anche per produrre formaggi, di cui si sono trovate delle tracce già in una tomba di un funzionario vissuto circa 5200 anni fa.
Insieme al pane e alla birra, che sono sicuramente i due alimenti più rappresentati sia dal punto di vista artistico che dal punto di vista archeologico nelle tombe, troviamo spesso anche della carne. L’offerta tipica che il defunto rivolgeva anche ad Osiride, il dio dell’Aldilà, per essere accolto nel suo regno, era costituita da t, heneket, apedw e kaw. Abbiamo già visto l’importanza dal pane e della birra, ma un ruolo estremamente importante doveva essere occupato anche dalla carne, in particolare volatili (apedw) e bovini (kaw). Fra i volatili più consumati, si ricordano soprattutto quelli da cortile, ossia anatre e oche, ma anche selvaggina, soprattutto quaglie e fagiani. Sono numerose nelle tombe le scene di caccia di volatili mediante reti e frecce, così come le scene di macellazione che riguardano i bovini. Recentemente, ad esempio, una missione archeologica dell’Università del Cairo ha riportato in luce a Saqqara, la tomba di Ptahemwia, un tesoriere del faraone Ramesse II, che ha regnato a partire dal 1279 a.C., dove è rappresentata una scena di macellazione del bestiame.

Figura 2 La-tomba-di-Ptahemwia-con-scene-di-offerta-e-macellazione-del-bestiame (da https://mediterraneoantico.it/articoli/egitto-vicino-oriente/scoperta-a-saqqara-la-tomba-del-tesoriere-di-ramesse-ii/). |
Un animale che non è mai testimoniato è, invece, il maiale, ma è probabile che venisse consumato comunque dalle classi sociali meno agiate. Bisogna ricordare che queste ultime non sono rappresentate né dai corredi funerari, né dalle scene pittoriche e dai modellini della vita quotidiana che troviamo nelle tombe. La gente comune, infatti, non poteva sicuramente permettersi sepolture ricche e decorate come quelle della classe più agiata, per cui sebbene costituisca la gran parte della popolazione, non è però adeguatamente rappresentata archeologicamente.
Vivendo a ridosso del Nilo, ovviamente largamente impiegato era anche il pesce, soprattutto la tilapia, il tipico pesce nilotico, mentre nel Delta e nei pressi del Mar Rosso si dovevano mangiare anche specie di mare.
La carne e il pesce erano conservate mediante essiccazione o affumicamento ma anche sotto sale o sotto grasso, soprattutto di anatra, che si usava anche per cucinare gli alimenti. Poco usato a scopo alimentare è, invece, l’olio, perché molto raro e costoso. Gli alimenti venivano ampiamente conditi con spezie, in particolare cumino, ginepro e pepe. Anche queste, come l’olio, erano ampiamente utilizzate a scopo cosmetico.
Anche se meno attestati dal punto di vista iconografico, largamente consumati erano i legumi: piselli, lenticchie e fagioli e anche numerose varietà e verdura, come cetrioli, zucche, porri, cipolle, aglio, cavoli, ravanelli, lattughe e crescioni. Fra la frutta sicuramente i datteri e le noci (soprattutto di palma dum), i fichi, l’uvetta, le carrube, queste ultime impiegate anche per ricavare una tipologia di farina. La frutta non era consumata solo fresca, ma anche disidrata e lavorata in modo da ottenere una sorta di composta.
Le informazioni relative all’alimentazione egizia le ricaviamo principalmente dalle scene e dalle iscrizioni presenti nelle tombe che hanno il significato simbolico di replicarsi all’infinito nel regno di Osiride, in modo da non lasciare mai il defunto a corto di cibo per l’eternità. Per cui bisogna tener conto che non si tratta di una rappresentazione fedele dei consumi quotidiani, ma piuttosto simbolica e, in un certo senso anche fiduciosa, di quello che avrebbero potuto aspettarsi nell’aldilà. La carne di bovino, che non doveva essere così frequente nella quotidanità, è invece largamente rappresentata, probabilmente come aspettativa di un consumo maggiore nella vita eterna.
Una risposta su “Alimentazione egizia”
Stupendo! Molto interessante!