Categorie
Arte nell'arte

MANLIO AMODEO E SAVINA TAVANO

Il secondo sguardo

di Martina Paolantoni

Dal 21 settembre a Roma, al Casino dei Principi di Villa Torlonia

Due artisti in bilico tra cultura rinascimentale e cultura pop, scherzo barocco e nitore illusionistico raccontati da un’ampia retrospettiva.

Al Casino dei Principi di Villa Torlonia, dal 21 settembre al 30 ottobre 2022, Manlio Amodeo e Savina Tavano. Il secondo sguardo, mostra di carattere antologico destinata a mettere meglio a fuoco presso il grande pubblico due figure del tutto singolari nel panorama dell’arte italiana contemporanea.

L’occasione di approfondire la conoscenza dei due artisti “Una vicenda che ha ben pochi confronti nell’arte italiana del nostro tempo”: cosìClaudio Strinati sottolinea l’unicità del sodalizio umano e artistico di Manlio Amodeo e Savina Tavano, in linea con i critici che, dal 1959 a oggi, hanno commentato la loro lunga carriera. 

L’esposizione, curata da Federico Strinati e Claudio Strinati, è promossa da Roma Culture, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali.Servizi museali di Zètema Progetto Cultura, organizzazione Dialogues raccontare l’arte.

Il sodalizio artistico ed umano di Manlio Amodeo e Savina Manlio Amodeo può essere raccontata come romanzo. L’incontro con Savina avviene all’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino, frequentata da entrambi nella seconda metà degli anni ’50. Nel 1959 la prima mostra, che Manlio riesce a farsi organizzare presso la Galleria San Sebastianello di Roma coinvolgendo due figure di spicco del mercato d’arte italiano del dopoguerra, Gaspero del Corso e la moglie Irene Brin, proprietari della storica Galleria l’Obelisco. Su una parete i lavori di Manlio, su quella opposta i lavori di Savina: da quel momento sarà sempre così. Da qui sempre insieme nell’arte come nella vita.

Nel 1960 si sposano e prendono casa a Milano per lavorare come illustratori per la casa editrice Mondadori. Nel 1963 il trasferimento a Firenze per andare a fare lo stesso lavoro per Sansoni. Nel 1966 si spostano a Roma, la loro città d’elezione, il luogo ideale in cui maturano la decisione di abbandonare le arti applicate (con i ben remunerati contratti per l’editoria, in quegli anni in piena espansione) per dedicarsi in modo esclusivo alla produzione artistica.

Il secondo sguardo” è il concetto base e il cardine creativo per entrambi gli artisti, e non a caso è stato scelto dai curatori quale titolo della mostra. Rappresenta infatti un secondo punto di vista, un secondo approccio, un approfondimento del reale e del surreale non percepibile a una prima occhiata.

Questo binomio è stata o mantenuta anche scelta logistica: le opere di lui al piano terra e quelle di lei al primo piano, esposte in un’unica mostra, ma collocate in spazi ben divisi per sottolineare la peculiarità di entrambi.

Nel caso di Savina è ben evidente nei lavori paesaggistici ove il secondo sguardo più profondo ci rivela un mondo di interiorità e riflessione quasi inquieto, protesa a rappresentare in modo del tutto personale il mondo reale, ha un primo e un secondo tempo. Nel primo sguardo, soprattutto tramite la tecnica della pittura litografica, il suo si concentra su Roma, rappresentata nel contrasto tra le nobili vestigia del suo clamoroso passato e gli oggetti della moderna vita quotidiana. Un dialogo tra opposizioni apparenti, orchestrato tenendo conto della lezione della pop art e dell’iperrealismo.

Una ricerca ispirata alla libertà creativa ed alla sperimentazione artistica. “Vita dura in questi ultimi centocinquanta anni per gli artisti […] pungolati da un mare di tendenze nuove, fortemente gravati (nonostante le apparenze) da divieti e tabù”.

Mentre per Manlio Amodeo trascende il reale quale che sia e ci porta in una dimensione onirica costituita di affascinanti fantasie architettoniche, zoomorfe e prospettiche, che dapprima suggestionano l’occhio, e a un secondo sguardo ci portano in un mondo di leggerezza e ironia a cavallo tra la parodia e l’introspezione più profonda.

La pittura di Manlio procede negli anni con ordinata continuità stilistica segnalano anche per una rara capacità di introspezione. Si vedranno, ordinate in piccole sezioni, tutte le visionarie ossessioni che caratterizzano la sua arte: gli Ibridi, creature zoomorfe che rivisitano iconografie tardomedievali. Le Case impossibili, personaggi impossibili entro luoghi impossibili inquadrati all’interno di prospettive impossibili. Le varie serie che, con perizia certosina, rappresentano le variazioni della luce nel corso delle 24 ore o comunque rendono conto del trascorrere del tempo nei mondi inventati dall’artista.

“Ho visto tante immagini e le ho racchiuse nel magazzino del mio inconscio”, spiega con semplicità Manlio Amodeo, che a quel magazzino attinge per creare, tramite la pittura, mondi e personaggi fantastici.

Nella loro carriera hanno agito in piena libertà, spaziato dalla cartellonistica pubblicitaria e all’iscrizione presso la scuola fondata da un genio della pubblicità come Armando Testa.

E Non si sono lasciati sfuggire l’occasione di lavorare antico torchio litografico diviene il perno di un decennio di sperimentazioni in cui le potenzialità del mezzo sono oggetto di capillare esplorazione. Una laboriosa tecnica di stampa in cui il macchinario non viene usato per ri-produrre serialmente immagini ma per sfruttare la sua capacità di produrre particolari effetti cromatici del tutto pittorici.

Con il nome di “pitture litografiche” sono infatti presentate le preziose grafiche tirate dai due coniugi-artisti in pochissimi esemplari se non come pezzi unici.

Stampe del tutto originali che diventano il veicolo, scrive Claudio Strinati in catalogo, di “un universo di immagini capaci di collegare cultura pop e rinascimentale, scherzo barocco e nitore illuministico”.

Con una energia colorata trasmette ci trasmette tutta la sua creatività, accanto a lui Savina Amedeo elegantissima e raffinata.

Il percorso espositivo ripercorre la felice stagione degli artisti: dagli esordi (1954-1959), della pittura litografica – le grafiche preziose prodotte con un antico torchio litografico – alla agli anni ottanta seganti dalla mostra a Palazzo Borghese che la raccontano e con il ritorno alla pittura belgi anni ottanta. Di quel periodo e anche la scoperta della Maremma Toscana dove cambia radicalmente un nuovo orizzonte visivo, soprattutto di Savina, dove vivono e continuano a creare.

Infine i ritratti nei quali le anime dei due artisti si fondono e trovano l’equilibrio della loro ricerca pittorica.

E consegna ai visitatori le opere di due immense figure, ancora nel pieno della loro attività e perfettamente a loro agio tra XX e XXI secolo, che hanno saputo portare a raccordo la fascinazione per l’arte antica con innumerevoli spunti tratti dalla cultura visiva del secolo in cui sono nati e si sono formati per restituire al pubblico il fremito vitale, l’incessante vibrazione dell’Arte.

Martina Paolantoni 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *