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Arte nell'arte

L’arte linguaggio universale tra i popoli

di Martina Paolantoni

A settembre Oriente ed Occidente si incontrano: nuova mostra di Astiaso Garcia a Macerata e Vuoto e Spazio a Rignano Flaminio

Nel mese di settembre due importanti appuntamenti culturali sono stati l’occasione per riflettere su come l’arte è un linguaggio che unisce i popoli. E, come la storia dell’arte insegna, culture apparentemente lontane contaminandosi creano nuove suggestioni.
Il 3 settembre scorso la fondazione internazionale padre Matteo Ricci ha curato presso il foyer del teatro Lauro Rossi di Macerata la mostra fotografica di Francesco Astiaso Garcia; sabato 10 e domenica 11 settembre scorso il Comune di Rignano Flaminio e la Pro Loco hanno organizzato l’iniziativa “Vuoto e spazio: viaggio tra Oriente e Occidente” presso lo splendido scenario della Castellina de Miremont.
Sancire l’irrinunciabilità dell’idea dell’arte antidoto all’annichilimento culturale e rivolgere la propria forza alla sensibilizzazione alla bellezza (così è scritto nella nostra carta dei valori), può apparire uno slogan provocatorio. È, invece, una necessità storica che si è resa concreta soprattutto ora in un mondo schiacciato delle brutture della guerra, dell’emergenza economica e climatica.
Ne è convinto Astiso Garcia, raffinato e poliedrico artista, fotografo, marito, padre e segretario generale dell’Unione Artisti Cattolici Italiani (UCAI). Nel discorso inaugurale della mostra Astiaso Garcia ha invitato a riflettere sui messaggi del Santo Padre che di recente si è espresso sul ruolo dell’artista, punto di riferimento del cammino di fede. Ed avocando l’arte come “la più alta forma di diplomazia spirituale” invita a coglierne l’essenza, valore universale e condiviso che avvicina l’uomo a qualcosa o Qualcuno – cita l’artista – che va oltre i confini, le culture, le fedi e le appartenenze.
Alla funzione dell’arte ambasciatrice di pace e del valore del rispetto tra i popoli Astiaso dedica il suo impegno e la mostra a Macerata. “La via della bellezza come dialogo con la Cina” ne è un esempio.
Ma l’evento nel capoluogo marchigiano è stato anche un importante incontro per riscoprire e onorare l’opera del missionario Matteo Ricci nel 470º anniversario della sua nascita.
A far da cornice alla manifestazione la musica dell’orchestra internazionale “Limadu“ dell’Istituto Italiano di cultura di Bruxelles, con musiche originali tra Oriente e Occidente.
L’arte e la musica per favorire l’empatia e la cultura come incontro dell’altro, è stato anche il tema centrale della manifestazione “Vuoto e spazio: viaggio tra Oriente e Occidente” che si è svolta a Rignano Flaminio (in provincia di Roma) alla presenza del Sindaco Vincenzo Marcorelli, della consigliera comunale delegata alle Politiche culturali Raffaella Rojatti, con il patrocinio della Regione Lazio, della Fondazione Italia Giappone e dell’UNESCO club di Roma e di Terracina.
L’Occidente ha salutato la cultura millenaria dell’Oriente con le xilografie giapponesi del maestro Utagawa Hiroshige. A sua volta l’Oriente fa capolino nel vecchio continente in una residenza storica appartenuta ai Borgia, simbolo di opulenza e potere che ha segnato il XV e XVI secolo.
In questi due giorni a Rignano Flaminio le parole “contaminazione” e “invasione” sono state stravolte nel senso più comune dei termini per lasciare spazio ad un linguaggio universale. La memoria delle vecchie fabbriche di tessitura di Ancona ha contaminato le opere dell’artista marchigiano Ivo Cotani. L’inclusione del bianco e del nero e le scale di grigi sono state esaltate dalla fotografa Argentina Virginia Sobrino. L’invasione spaziale resa eccelsa dal poeta del visivo DuminDa e dalle sue sculture.

Seppur partendo da differenti punti di vista quello di Astiaso e degli ospiti di Vuoto e Spazio convergono nella stessa via: l’arte riflesso della bellezza della vita e del Creato, travalica le divisioni ed i confini geografici posti dall’uomo. Le diversità non sempre dividono ma arricchiscono.
Il nostro futuro dipende da questo. Da quanto sapremo cogliere e attualizzare questi insegnamenti e, consci di tale responsabilità, da quanto gli operatori di pace e divulgatori di arte sapranno trasmettere alle nuove generazioni.

Martina Paolantoni

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