La produzione di olio di qualità ha acquisito una differenza competitiva rispetto agli altri paesi mediterranei, perché in Italia ogni Regione vanta particolari condizioni climatiche e di terreno che conferiscono all’olio una fragranza speciale. Questo costituisce una ricchezza per la varietà gastronomica italiana, anche se non permette di esportare un prodotto connotato in modo univoco, che potrebbe meglio assolvere le competizioni in ambito mondiale sulla qualità del cibo.
E’ il caso dell’olio prodotto da Rosario Cerniglia e dalla moglie Nora Di Gregorio, siciliani, della parte occidentale dell’isola. Citiamo ambedue perché provengono da due località diverse, il primo da Misilmeri
e la seconda da Alcamo, ma tutti e due hanno origine da famiglie contadine ,proprietarie di giardini (così venivano chiamati gli agrumeti) e di oliveti, e ambedue ricchi di notizie sulla tradizione olearia.
Il padre di Rosario, Antonino Cerniglia, ha vissuto all’inizio del Novecento, quando la coltivazione delle olive aveva una finalità principalmente mirata alla produzione di olio lampante. Il paesaggio agrario all’inizio del secolo mostrava alberi di olivo più alti di quelli odierni, perché la lavorazione delle olive prevedeva che i frutti da cogliere fossero maturi e raccolti a mezzo di lunghe pertiche che scuotevano i rami; naturalmente le olive cadevano se erano già mature. Spesso cadevano a terra da sole, o per effetto
del vento, e la raccolta primaria avveniva sul terreno. Quindi l’acidità dell’olio era veramente elevata, e anche le olive in buono stato subivano un trattamento che le impoveriva dei principi nutritivi. Le olive
venivano infatti poggiate su “coffe”, cioè dischi di fibra vegetale che servivano come supporto per la spremitura: ma questi dischi contenevano i residui delle spremiture precedenti, perciò la qualità dell’olio era veramente scarsa. Gran parte della produzione andava all’industria dell’olio lampante, usato nel passato per illuminazione e altre applicazioni non alimentari, e non si progrediva nell’innovazione.
Dal dopoguerra, finito l’uso dell’olio per illuminare, diminuita la necessità dell’olio per usi industriali dovuta all’aumentato commercio petrolifero, i coltivatori di olive hanno visto crescere la richiesta di olii alimentari di qualità.
La scelta delle nuove piantagioni si è diretta perciò verso piante di media altezza, che consentono la raccolta con macchine vibratrici e reti ; maggiore attenzione anche al momento di raccolta del frutto, che
non deve essere troppo maturo. Inoltre il coordinamento tra frantoi e raccolta permette di estrarre l’olio entro le 24 ore dalla raccolta, che vuol dire zero acidità nell’olio.
Questi ed altri accorgimenti, che hanno diminuito la fatica umana , uniti all’amore per la propria terra e per i frutti che riesce a dare, fa di questa attività il lavoro che ognuno vorrebbe per sé.
L’olio di Sicilia è buono perché tutti quelli che concorrono alla sua realizzazione e distribuzione amano il proprio lavoro.